Quando Porta Castello era l’unico accesso a Canepina

Edificata nel corso del 1200, era affiancata da una torre a pianta circolare
Entrambe furono rase al suolo dal bombardamento aereo del 5 giugno 1944

UNA STORIA AL GIORNO… TOGLIE IL VIRUS DI TORNO

Una veduta di Porta Castello, distrutta dal bombardamento aere0 del giugno 1944.

CANEPINA – Edificata nel corso del 1200, affiancata sul lato destro da una torre a pianta circolare coeva, Porta Castello è stata per oltre un secolo l’unico accesso al Castrum Canapine. Dopodiché fu aperta Porta Piagge e, solo nel 1487, allo scopo di includere i nuovi borghi che nel frattempo era sorti, furono ampliate le mura castellane e aperte tre nuove porte: Sanctae Mariae ecclesia super portam (Porta sopra la chiesa di Santa Maria, quella che attualmente da piazza Garibaldi immette in via Porta Piagge), Porta del Molino e Porta San Sebastiano.

Porta Castello e la torre attigua furono rase a suolo dal bombardamento aereo del 5 giugno 1944.  Con loro fu distrutta una parte del nucleo originario che dava il nome alla zona, il Castello appunto. Nel decreto di apposizione del vincolo emesso dalla Direzione Generale per le Antichità e le Belle Arti, all’inizio del 1900, l’immobile è così descritto: «Complesso immobiliare sviluppatosi in più̀ epoche, senza continuità̀ architettonica. La parte arcaica, riferibile al XII – XIII secolo, più̀ volte manomessa, è costituita da un tronco di torre a pianta circolare e dall’adiacente porta che immette in due vicoli interni al suddetto complesso. A ridosso delle mura perimetrali sono state operate, anche in epoca recente, superfetazioni che ne hanno alterato l’aspetto. Non v’è tuttavia dubbio alcuno che il complesso in questione costituisca il nucleo più̀ antico del paese».

Il nucleo originario del Castrum Canapine
(Veduta aerea del 1938).

Dalla torre adiacente Porta Castello partiva la cinta muraria, in parte ancora visibile sebbene in totale stato degrado, che scendeva lungo via Ortaccio e finiva sul piccolo colle sul quale c’era la chiesa di San Giovenale (Primi Templi Nostri Locus – Luogo del nostro primo tempio), circondando così l’originario nucleo abitato del paese.  L’iscrizione in peperino faceva da architrave dell’ingresso principale della chiesa dedicata a san Giovenale, uno dei protettori di Canepina. I tre frammenti della scritta ancora esistenti furono recuperati da Giulio Stradella, proprietario dell’immobile, dopo il bombardamento che lo aveva raso al suolo.

L’iscrizione si trovava sull’ingresso della prima versione della chiesa di san Giovenale, arroccata sul piccolo colle che sormonta l’attuale piazza del Castello. Era di dimensioni contenute e forse era stata ricavata da un manufatto costruito per altri scopi, poi adattato a luogo di culto. L’aumento della popolazione e il conseguente sviluppo di altri borghi all’esterno delle mura resero necessaria una chiesa nuova e più̀ ampia, poiché sullo sperone roccioso non c’era assolutamente spazio per ampliare la preesistente. Fu scelta l’area sottostante che, a sua volta, sovrasta un dirupo indicato in vari documenti come «vado (guado) del piano del Castello».

Per tutto il 1800, l’edificio che ospitava la chiesa originaria fu utilizzato come casa canonica o locali di servizio, raggiungibili attraverso una grande scalinata attigua alla porta principale della nuova chiesa. Scalinata che era stata sommariamente ricostruita dopo il bombardamento e improvvidamente rimossa negli anni scorsi. Agli inizi nel 1900 l’ex chiesetta fu messa in vendita per finanziare le attività della Compagnia del Gonfalone, diventando così proprietà privata.

La parete laterale della chiesa che si affacciava sulla vallata sottostante era costituita da un tratto di cinta muraria del Castrum. Circostanza quest’ultima confermata da vari documenti. In un Catasto della Compagnia del Gonfalone datato 1788, ad esempio, nel descrivere l’antico edificio, l’estensore annota:«In dette stanze vi sono ancora de feritori tondi ad uso di fortezza, che deve credersi che anticamente fosse quel sito nella fortezza del Castello, per essere descritto nella porta maggiore sopra a detta chiesa Primi Templi N(ost)ri Locus, che non vi è descritto l’anno».  Secondo gli epigrafisti, l’iscrizione è databile tra il 1200 e il 1300. Senz’altro uno dei più̀ antichi reperti di Canepina.

È altresì certo che san Giovenale fosse l’unica chiesa presente a Canepina fino alla fine del 1200. In numerosi atti notarili e documenti amministrativi non sono citate altre chiese, a parte la pieve di santa Corona, che però si trovava a oltre un chilometro di distanza dal Castrum. È altresì documentata la presenza nella chiesa di san Giovenale di un «tronco fatto a forma di croce». Si tratta del cosiddetto «drongo de sa’ Junale», il più̀ antico oggetto di culto di cui si ha notizia a Canepina.

Una veduta del Campanile di San Giovenale.

Canepina, secondo alcuni storici, fu fondata nel 1058 dai Di Vico: «In quell’anno (1058) li signori prefetti di Vico fondarono Canapina in lor stato con favore del Pontefice, facendo guerra a Viterbo città nemica della chiesa». (Cipriano Manente, Historie di Ciprian Manente da Orvieto, 1561, pagina 23).

All’esterno della Porta del Castello, sulla sinistra, spiccava la facciata cinquecentesca dell’edificio appartenente alla famiglia Fanelli, anch’esso distrutto dal bombardamento. Gli imbotti in peperino della porta d’accesso all’appartamento soprastante nonché dell’ingresso dei locali al pianoterra, entrambi riccamente decorati, sono suggestivi della ricchezza dell’immobile. Ricchezza che non si ritrova nella sommaria ricostruzione avvenuta nel primo Dopoguerra.

Del resto, la circostanza che nella zona, per quanto piccola, esistano via Castello, piazza Castello e il guado del piano del Castello, dimostrano inequivocabilmente che anche nella toponomastica i canepinesi hanno sempre indicato quel luogo come primo insediamento del paese. Una consolidata tradizione orale, tra l’altro, vuole che la prima costruzione in pietra si trovi proprio in via Ortaccio, abbarbicata su un alto sperone roccioso che si affaccia sull’Orto Montone: la casa della famiglia Randelli.

Lascia un commento