L’omicidio rimasto impunito di Toto e Ggojo

Fu assassinato a botte durante una rapina in località Pratarina il 22 aprile 1923
I tre presunti assassini, tutti di Vallerano, furono prosciolti. Ma su due di loro…

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La tomba di Toto e Ggojo nel cimitero di Canepina.

CANEPINA – Alle porte del paese, in località Pratarina, durante i lavori di ampliamento della strada provinciale, tra il 1975 e il 1980, fu scoperto un antico cunicolo, costruito per portare a valle l’acqua che sgorgava da qualche sorgente più in alto. Ma sorpresa più grossa fu il ritrovamento di una piccola stele con la lapide che ricordava un omicidio avvenuto in quel punto il 22 aprile 1923, eretta proprio all’ingresso del cunicolo. La vittima si chiamava Antonio Blasi, soprannominato Toto e Ggojo, 66 anni, sposato con figli. Un fatto avvenuto una sessantina d’anni prima, ormai caduto nell’oblio, anche perché i rovi e il terriccio che smontava continuamente dalla collina soprastante, avevano occultato sia il cunicolo che la stele alla vista dei canepinesi.

Toto e Ggojo, commerciante di bestiame e mugnaio (era comproprietario del molino che si trovava proprio sotto la chiesa Collegiata, che dava il nome alla porta d’ingresso al paese costruita alla fine del 1400, la Porta del Mulino appunto), si era recato a piedi a Vallerano, Vignanello e chissà dove per i suoi affari. É probabile che avesse venduto del bestiame e avesse incassato del denaro. Nel tardo pomeriggio s’incamminò per tornare a casa. Intorno alle 19 giunse alla Pratarina (dove ora c’è il Centro Polivalente Fabrizio De André). Da lì, volgendo lo sguardo verso destra, poteva vedere il paese e la zona dove abitava, a fianco della chiesa di San Giovenale, al Castello. Chissà cosa passò nella sua mente in quei momenti: forse pensò al riposo che l’attendeva dopo una giornata di lavoro, oppure immaginò che un minuto dopo sarebbe giunto alla Fontanella, dove si sarebbe dissetato. Qualunque fosse, il suo pensiero venne bruscamente interrotto da una gragnola di colpi che lo fecero cadere a terra e da un colpo di pistola che lo raggiunse alla nuca (l’autopsia accerterà che il proiettile non era riuscito a trapassare l’osso della scatola cranica). Non è stato mai chiarito se morì sul colpo o se restò lì ferito e sofferente prima di spirare.

Quando la voce del ritrovamento di Toto e Ggojo morto ammazzato all’ingresso del cunicolo della Pratarina arrivò a Canepina era ormai buio. Sul posto di recarono subito il maresciallo dei carabinieri Benassi e il medico condotto Scorsa. Quest’ultimo non poté fare altro che costatare l’avvenuto decesso, causato dai colpi che gli erano stati inferti sul capo e in altre parti del corpo. In un primo memento, nessuno s’avvide del proiettile conficcato nella nuca. Verrà scoperto dal medico legale durante l’autopsia. Dalle tasche di Toto e Ggojo era sparito il portafogli. Da qui la conclusione che l’omicidio fu commesso a scopo di rapina.

La copertina del libro «Hanno ammazzato Toto e goio» di Alessandro Perini

Le indagini, che si rivelarono subito complesse, portarono alla vicina Vallerano, dove Toto e Ggojo si era fermato sia all’andata che al ritorno del suo viaggio d’affari. Lì, pensarono gli investigatori, potrebbe essere stato visto da qualcuno mentre incassava dei soldi e li riponeva nel portafogli. Lo stesso o gli stessi individui avrebbe così escogitato l’agguato sfociato nell’assassinio. Ci volle del tempo, ma alla fine furono individuati i presunti colpevoli: erano tre valleranesi con la fedina penale non proprio immacolata.  Uno di loro, non appena fu informato di essere imputato d’omicidio, fuggì in Francia e fece perdere definitivamente le sue tracce. Gli altri due, dopo interrogatori, riscontri, verifiche di alibi, uscirono di scena poiché il giudice istruttore chiese e ottenne che fossero scagionati. Insomma, l’omicidio di Toto e Gojo era destinato a rimanere impunito.  A far riaprire le indagini non bastò nemmeno il fatto che uno dei tre imputati, tempo dopo, fu arrestato, processato e condannato all’ergastolo per un omicidio commesso con le identiche modalità di quello di Toto e Gojo. Ergastolo che scontò nel carcere di Livorno.

Dieci anni fa, lo scrittore viterbese Alessandro Perini ha scritto un romanzo-inchiesta sull’omicidio di Toto e Ggojo. Il libro, tra fantasia letteraria e riscontri archivistici, ricostruisce complicità, segreti familiari, ricatti, paura, rimorsi e tanta voglia di dimenticare che caratterizzarono una storia nera protrattasi per lunghi anni. Ora, visto che non ha avuto giustizia, sarebbe il caso di ricordare Toto e Gojo almeno riportando alla luce la stele che lo ricorda nel luogo in cui fu assassinato quasi cento anni fa.

Antonio Blasi, detto Toto e Ggojo, era padre di Ersilia Blasi, che sposò Arturo Pizzi (e Bbizzone); una loro figlia, Domenica Rosa, comunemente chiamata Rosetta, sposò Venerino Foglietta (e Ggolonnello); i loro figli sono il dottor Luigi Folgietta, psicologo, e le sorelle Margherita e Donatella. Di Luigi, Margherita e Donatella quindi, Toto e Ggojo era il bisnonno.

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