Lotte contadine a Canepina e la “Questione Palanzana”

I canepinesi rischiarono di non avere più a disposizione circa 200 ettari di terreni
per coltivare il grano, la situazione discussa dall’assemblea del Senato nel 1955
UNA STORIA AL GIORNO… TOGLIE IL VIRUS DI TORNO
Quando un uomo ti dice che è diventato ricco
grazie al duro lavoro, chiedigli: il lavoro di chi? 
Don Marquis 

CANEPINA – La parola «Canepina» risuonò molte volte e a lungo nell’Aula del Senato la mattina del 25 maggio 1955, dove era in discussione lo «Stato di previsione della spesa del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste per l’esercizio finanziario 1955-56». Risuonò la parola «Canepina» poiché un parlamentare, il senatore Giuseppe Alberti, socialista, nato a Blera nel 1902, medico e docente universitario, sollevò quella che egli stesso chiamò la «Questione Palanzana». Una questione piccola, erano in ballo duecento ettari di terreni a fronte delle centinaia di migliaia di ettari che lo stato stava espropriando ai latifondisti per assegnarli ai contadini, purtuttavia importantissima per la comunità canepinese, all’epoca poverissima e priva di terre per la coltivazione del grano. Un problema, quest’ultimo, che angosciava la popolazione fin dal Medioevo.

Il senatore Giuseppe Alberti (Psi), che sollevò la “Questione Palanzana” in Aula.

L’antefatto: nel 1950 era stata approvata la Riforma Agraria proposta dal ministro dell’Agricoltura Amintore Fanfani, universalmente riconosciuta come una delle cinque leggi più «rivoluzionarie» del Dopoguerra, destinata, insieme con il «Piano Casa» dello stesso Fanfani, il salvataggio e il rilancio dell’Eni e altri provvedimenti, a porre le basi del successivo Boom Economico, che fece diventare l’Italia la quarta potenza industriale del mondo e la Lira una valuta pregiata a livello internazionale. Ma, com’è noto, il diavolo si nasconde nei dettagli: cosicché la Riforma Agraria, per la quale anche molti canepinesi si erano battuti partecipando a manifestazioni e, in particolare, all’occupazione delle terre, rischiando denunce e l’arresto, avrebbe potuto togliere loro circa duecento ettari di terreni della Palanzana, dai quali proveniva il grano sufficiente al fabbisogno dell’intero paese. Il proprietario della grande tenuta, il conte Ettore Manzolini, amico e stretto collaboratore di Benito Mussolini, per evitare che i suoi terreni fossero smembrati in varie porzioni, propose al ministero dell’Agricoltura una permuta: cedere allo Stato circa 252 ettari di sua proprietà in località Grottone, Valle Gelata, Poggio Nibbio (oggi sede delle pinete gestite dalla Comunità Montata dei Cimini) e lasciare intatta la «Palanzana». Nelle more del perfezionamento della permuta, però, ai canepinesi che avevano a mezzadria o in subaffitto i duecento ettari da circa due secoli, ne restarono solo quaranta. La minore quantità di grano prodotta fu valutata in circa duemila quintali.

Da qui l’ordine del giorno presentato dal senatore Alberti, che interloquì a lungo con il ministro dell’Agricoltura Giuseppe Medici affinché accelerasse il compimento della permuta, permettendo così ai canepinesi di riprendere la coltivazione. Il parlamentare di Blera, come suo stile, usò un linguaggio aulico, condito di espressioni latine e dotte citazioni letterarie, tanto che il ministro lo interruppe almeno tre volte per chiedergli «… ci sono problemi a Canepina? Quali sono?» E più avanti: «Senatore Alberti, il problema è la permuta?» Ma egli continuò con la sua verbosa illustrazione. Riuscì comunque a risolvere il problema. Nel corso dell’estate la pratica fu completata.

Il senatore Alberti, durante la sua esposizione, disse di essere intervenuto su richiesta del sindaco di Canepina, il professor Domenico Pesciaroli: «…mi ha scritto una lunga lettera che non leggo per non dilungarmi… In paese ci sono stati disordini – aggiunse -, basta chiedere ai Carabinieri, signor ministro, per sapere quanto sia difficile la situazione di Canepina».

Una veduta del monte della Palanzana

Il senatore Alberti aveva vari amici a Canepina, due in particolare: Stefano Nataletti e Cesare Pesciaroli detto «l’Avvocato», entrambi socialisti di lungo corso. E proprio quest’ultimo era stato tra il 1949 e il 1951 uno dei capi del movimento contadino in lotta per l’assegnazione delle terre. È quindi ipotizzabile che il senatore Alberti fosse stato informato anche da loro della «Questione Palanzana». In paese, in quei mesi, fece tappa anche Luigi Petroselli viterbese, allora giovane dirigente del Pci, che sarà sindaco di Roma dal 1979 al 1981. In quel periodo Petroselli era impegnato nelle lotte per l’assegnazione delle terre incolte e mal coltivate. Nel corso dell’occupazione della tenuta Colonna a Bomarzo, dal 30 settembre al 2 ottobre 1951, fu arrestato, trattenuto in carcere per quaranta giorni ed infine condannato a 10 mesi di prigione, che però non scontò.

Stando ai documenti conservati nell’Archivio di Stato di Viterbo, a Canepina le persone coinvolte, più o meno attivamente, nelle lotte per la terra furono una quarantina. La maggior parte erano militanti del Pci. Il personaggio più citato nei rapporti dei carabinieri e della polizia è però «l’Avvocato». Colto, dotato di un eloquio fluente, lettore assiduo della stampa socialista anche durante il ventennio fascista, alla fine degli anni Cinquanta aprì un bar in piazza Cavour, che diventò in breve tempo uno dei luoghi di ritrovo più frequentati del paese. Subito dopo l’inaugurazione del locale, il poeta a braccio più noto del paese, Giuseppe Massimi, in arte Peppe Lavigna, gli dedicò un’ottava, che ricordava il suo ruolo nel movimento contadino:

Non ti ricordi più caro avvocato
quando della terra ti lanciasti alla conquista
e dal popolo venisti acclamato
alla testa del Partito Socialista?

Ora che non hai più obiettivi in vista
e dalla fame tu ti sei affrancato
a te ci penserà madre natura
presto ti spediremo sulla luna. 

A metà degli anni Cinquanta, a Canepina, come nel resto d’Italia, la riforma Agraria aveva steso quasi tutte le sue potenzialità, creando numerose aziende diretto coltivatrici e, soprattutto, migliorando notevolmente la situazione socio-economica dei contadini, che costituivano ancora la principale forza lavoro del paese I risultati a livello nazionale furono: l’espropriazione di circa 7.600.000 ettari di terre, il 60 per cento delle quali nel Mezzogiorno, suddivisi in lotti di 6-8 ettari assegnati a 113.000 famiglie contadine.

Per leggere l’intervento del senatore Alberti svolto nella seduta del Senato numero 285 del 25 maggio 1955, II legislatura (Le pagine relative a Canepina corrispondono alle pagine 16 e seguenti del file che si apre dal link sotto riportato)http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/473109.pdf

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